SorrisoDiverso

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Il silenzio regna nella vita della famiglia protagonista del cortometraggio, dove un padre padrone obbliga la moglie e le figlie a non proferire parola e a vivere nella completa devozione religiosa

Secondo diverse forme integraliste di religiosità, il silenzio fa sentire il devoto più vicino al divino; è per definizione indeterminazione, illimitatezza, evoca e non turba il sacro con la vanità di parole che rivendicano la presenza umana sulla Terra, allontanando l’uomo da Dio. Il silenzio sarebbe dunque un mezzo indispensabile che toglie dall’esistenza quanto l’appesantisce, vale a dire ciò che ostacola la vita spirituale o interiore, e che dunque costituisce un ostacolo per la preghiera. Il silenzio è ripiegamento interiore che si oppone alla superficiale esteriorità. E questo l’austerità della pellicola, con i suoi colori e le inquadrature severe, lo evidenzia perfettamente.

Quello che il cortometraggio mette in scena è il dramma di chi è vittima di imposizioni assurde ed è costretto a vivere in condizioni di radicale privazione. Ma Hush non è solo la storia di una vita vissuta in religioso silenzio, ma soprattutto quella di una quieta ma rivoluzionaria resistenza di chi rivendica a qualsiasi costo il proprio diritto alla felicità.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Valutazione attuale: 4 / 5

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Humam è un immigrato algerino che, come molti, è partito per un altro Paese per poter sostenere economicamente la sua famiglia in grave difficoltà. In Italia è costretto però a fare i lavori più modesti e a vivere nelle condizioni più umilianti.

Il cortometraggio, in tutta la sua crudezza, mostra allo spettatore uno spaccato della violenza che si consuma in silenzio ogni giorno contro migliaia di persone. In ogni luogo si trovi, lo straniero, costretto a vivere in una condizione di “doppia assenza”, allo stesso tempo lontano dalla sua famiglia e dagli affetti, ma anche alieno nel paese di destinazione. Mal visto e non accettato sia come emigrato che come immigrato, è vittima della solitudine e della xenofobia della gente, capro espiatorio su cui sfogare rabbia e frustrazione. Un dramma ancor più forte poiché il razzismo non si manifesta solo con la violenza ma anche con l’indifferenza e la diffidenza delle persone comuni.

Quello di Humam è l’incubo che vivono migliaia di altri invisibili nel mondo, migranti ma non solo, costretti a subire l’umiliazione di vivere ai margini della società e la cieca ed insensata violenza di chi è più forte. Violenza che il più delle volte resta impunita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Valutazione attuale: 5 / 5

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Gocce d’acqua racconta la rottura di un rapporto e per farlo esplora una strada diversa da quelle battute più frequentemente. Invece di proporre una conclusione fredda, con la scomparsa di ogni affetto residuo o persino a fronte di un rapporto fondato sul sopruso, il corto indaga una conclusione sofferta, una scelta fatta senza che l’amore e le esperienze condivise siano state dimenticate.

Metafora dei sentimenti delle coppia, due gocce d’acqua scendono parallele fino al momento in cui si fondono e procedono come un’unica goccia.

Il tempo passa e il dolore gradualmente cede il posto a un sorriso ancora un po’ incerto, ma coraggioso: separarsi per questo corto non significa lasciarsi l’altro alle spalle, molto più spesso significa portarselo dentro, con tutto quello che ha insegnato e donato. La persona che si è diventati è anche frutto di questo incontro ed è quella persona che affronterà, come nuova, il futuro che l’attende.