SorrisoDiverso

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Di Silvia Di Biagio
Dopo l’incendio del 64 d.C., che distrusse gran parte del centro di Roma, l’imperatore Nerone si fece costruire una nuova residenza con le pareti ricoperte di marmi pregiati e le volte decorate d’oro e di pietre preziose, tanto da meritare il nome di Domus Aurea.
L'attuale Ministro dei Beni culturali Franceschini, dopo aver restituito al pubblico il più grande sito archeologico del mondo, Pompei, accelera i lavori per rendere visitabile la Domus Aurea.
Oggi finalmente, dopo poco meno di due mila anni, l'antica dimora dell'imperatore riapre al pubblico e grazie ad innovativi interventi e con l’utilizzo di installazioni multimediali è possibile ripercorrere i fasti di questa dimora imperiale.
I lavori di restauro e di valorizzazione del sito, ancora in corso, sono volti ad ampliare la fruizione da parte del pubblico, per cui non è ancora possibile visitare la Domus nella sua interezza.
Le visite sono guidate ed effettuabili soltanto su prenotazione.
Nel 1980 la Domus Aurea è stata inserita nella lista dei Patrimoni dell'umanità dall'UNESCO.
Si narra che l'Imperatore Nerone dopo aver assistito all'incendio del 18 luglio del 64 d.C., che distrusse anche la sua Domus Transitoria, decise di costruire una nuova reggia degna della sua grandezza.
Numerosi autori e storici moderni concordano nel fatto che, in seguito al terribile incendio del 64, gran parte della Domus Transitoria venne sostituita da una più vasta, la Domus Aurea.
Nel nostro Paese sono innumerevoli i siti archeologici che meriterebbero di essere restaurati e restituiti al pubblico e sembra che finalmente qualcosa si stia muovendo. Pompei e la Domus ne sono certamente una prova.

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Di Silvia Di Biagio
Anche se ultimamente si sente parlare solo di Trump non bisogna dimenticare la situazione attuale in Giordania; è un luogo instabile, in cui la vita è difficile per tutti, in quanto il 40% della popolazione è composta da profughi, che provengono principalmente dalla Siria.
Migliaia di rifugiati siriani in fuga dalla guerra civile in corso nel loro paese sono bloccati in una zona di deserto al confine con la Giordania ma consente il passaggio solo a poche decine di persone ogni giorno, in quanto dall'inizio della guerra sono stati accolti 1.4 milioni di rifugiati. Le loro condizioni di vita vanno a peggiorare poiché non ci sono abbastanza fondi per sostenere tutti quanti; ad alcuni sono state date abitazioni ma comunque vivono tutti ammassati senza riscaldamenti e senza acqua calda, anzi alcuni non hanno neanche l'acqua.
La conseguenza di questa immigrazione è che il Libano ha chiuso i suoi confini o reso praticamente impossibile attraversarli.
Oltre alle condizioni di vita proibitive, anche la possibilità di lavorare è scarsa. L'unica cosa che queste persone possono fare è mangiare, aspettare e dormire: questo è ciò che è stato riportato da alcuni ragazzi che li hanno ascoltati. C'è comunque chi preferisce morire nel proprio luogo di nascita piuttosto che smettere di vivere così.
La Giordania, un paese con meno di 8 milioni di abitanti, che ha poca acqua e risorse, in quanto l'85% del suo territorio è desertico, riesce a ospitare circa un milione e mezzo di siriani, ma non tutti risultano registrati come rifugiati. Gli altri vivono fuori dai campi. È uno dei pochissimi paesi del Medio Oriente a essere rimasto stabile, nonostante le guerre e il terrorismo infurino ai suoi confini: Siria, Iraq, Sinai, Israele e Palestina. Ma resta comunque il settimo paese più povero nel mondo.
Questa situazione, che ormai va avanti da anni, dovrebbe far riflettere tutti e farci capire quanto siamo fortunati, dato che in Italia si lamentano tanto degli immigrati che tolgono il lavoro agli italiani, ma in Italia i profughi costituiscono una percentuale minima quasi indifferente rispetto a quella in Giordania.

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di Silvia Di Biagio
Si stanno verificando numerose proteste contro il nuovo presidente americano, Trump. Ancora non si parla di guerra civile ma si avvertono forti timori. Le proteste sono degenerate a Portland, dove migliaia di persone hanno marciato cantando "rifiutiamo il presidente eletto", mentre alcuni accendevano petardi, appiccavano piccoli roghi, usavano pietre e mazze da baseball per rompere vetrine e auto parcheggiate. La polizia è stata costretta ad intervenire, arrestando in totale una trentina di manifestanti. Ora gli organizzatori del corteo, che le forze dell'ordine hanno identificato con gruppi anarchici, si sono impegnati a ripulire le strade, nonché a raccogliere fondi per ripagare i danni. A Los Angeles le proteste sono state prevalentemente pacifiche, ma 185 persone sono state arrestate per blocchi stradali. Quindi migliaia di persone stanno manifestando contro Trump in tutto il paese è non solo studenti universitari, ma cittadini di tutte le età.
Il presidente ha deciso di costruire un muro sul confine tra gli Stati Uniti e il Messico e il governo messicano ha pubblicamente ricordato che non pagherà neanche un soldo per erigere il muro. Trump vuole buttare via dal paese gli immigrati irregolari, i criminali, i trafficanti di droga; in poche parole vorrebbe una società perfetta, sembra quasi voler riprendere le idee naziste di Hitler, ma siamo in un'altra epoca dove nessuno può prendere decisioni sulla vita dell'altro e soprattutto, come in America ma anche nel nostro paese, abbiamo una libertà di espressione e di parola che non può essere negata. Ecco perché va ammirata questa gente che continua a protestare. Trump afferma di essere dispiaciuto di non vedere le persone collaborare per il paese, ma invece lo stanno facendo proprio perché ognuno ha il diritto di andare a vivere in un luogo che può offrire condizioni di vita migliori e soprattutto un lavoro. Ha chiuso le frontiere anche a tutti i credenti musulmani come se tutte quelle persone fossero dei criminali. In molti lo hanno definito un presidente razzista e non hanno tutti i torti. Il problema però è ancora più grave perché lui è il presidente di una grande potenza economica che influenza tutta l'Europa; infatti ha preso provvedimenti anche sul piano economico. Trump vuole ridurre la tassazione delle aziende e ciò porterà a una riduzione delle entrate fiscali; comunque tutti questi tagli andranno a vantaggio delle persone ricche.
Si è interessato alla costruzione del muro, ma non al piano sulla riforma sanitaria di Obama. Il presidente che ha dichiarato finita l’epoca dei politici che fanno molte chiacchiere e niente fatti. Non sarà facile perché alcune delle cose che ha promesso sono di un’enorme complessità: è facile cancellare la legge che ha riformato la sanità, molto più complicato sostituirla con un altro sistema che funzioni e abbia costi più contenuti. E Trump sta spaventando il suo partito parlando di una nuova assistenza sanitaria «universale», cioè estesa a tutti i cittadini: inconcepibile per il partito conservatore americano che non vuole sentir parlare di un allargamento dell’intervento dello Stato. Forse anche le sue saranno solo parole? Alla fine sembra interessato al buon andamento del suo paese ma non di certo all’intera popolazione.