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La diversità dei nuovi scenari ambientali e la ricaduta per la salute

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di Paola Tassone

Non ci sono più le mezze stagioni è una frase molto ricorrente non solo tra la gente comune ma anche tra gli addetti ai lavori ed oggi se ne sente parlare anche molto sui mass-media.
Le temperature cosiddette “anomale" hanno ripercussioni e ricadute sulla natura ma anche sulla salute dei cittadini.
I 30 anni che vanno dal 1983 al 2012 sono stati probabilmente i più caldi degli ultimi 1400 anni, in base ai dati disponibili. Recenti studi scientifici sembrerebbero confermare che il riscaldamento globale è legato alle concentrazioni atmosferiche di gas serra, che sono aumentate del 30% dall’inizio della rivoluzione industriale ad oggi. Secondo l’ultimo rapporto dell’Intergovernmental Panel of Climate Change (Ipcc, 2007a), l’organo internazionale dedicato alla revisione sistematica e alla valutazione delle evidenze scientifiche sui cambiamenti climatici, sugli impatti e i rischi futuri a essi connessi, oltre che sulle possibilità di adattamento e mitigazioni degli effetti, le emissioni di gas serra prodotte da attività umane stanno crescendo a un ritmo annuo compreso tra lo 0,5% e l’1%. In base a questo andamento si prevede che l’aumento della temperatura media sarà di circa 4 gradi rispetto ai livelli attuali entro il 2100.
Gli effetti attesi sulla salute, in particolare quelli dovuti al progressivo riscaldamento del pianeta, sono tra i problemi sanitari più rilevanti che dovranno essere affrontati nei prossimi decenni. La valutazione dell’impatto sulla salute è ancora in corso, ma alcune fonti internazionali parlano di decine di migliaia di decessi. Secondo una dichiarazione dell’Organizzazione mondiale della meteorologia (Wmo) alcuni fenomeni verificatisi nell’estate del 2010 (l’ondata di calore e gli incendi in Russia, le inondazioni in Pakistan, l’esteso iceberg in Groenlandia) rappresentano l’evidenza di eventi meteorologici estremi e diversificati associati al riscaldamento globale.
Prendendo in considerazione quali sono gli effetti dei cambiamenti climatici sulla salute umana, da ultimissime ricerche si evidenzia un aumento dei decessi e delle malattie causate dagli eventi climatici estremi quali precipitazioni intense, inondazioni, uragani, incendi e siccità. Anche il caldo e le sue ondate agiscono in modo negativo sulla salute, in particolare, in alcuni sottogruppi di popolazione a maggior rischio come: anziani, persone affette da malattie croniche, persone di basso livello socioeconomico o con condizioni abitative disagiate. Una nuova problematica si ha con l’anticipazione della stagione dei pollini nell’emisfero Nord, con concomitante incremento delle malattie allergiche causate dai pollini. Si osserva l’aumento del numero di decessi e patologie attribuibili agli inquinanti atmosferici, in particolare all’ozono, la cui formazione dipende in gran parte dai livelli di temperatura e umidità. Un altro grave effetto dei cambiamenti climatici e l’impatto dello scioglimento dei ghiacciai sulle comunità montane e successiva riduzione delle riserve idriche in alcune regioni. Si verifica anche l’aggravamento della malnutrizione della popolazione nei paesi in via di sviluppo a causa dell’aumento della siccità e del decremento dei raccolti agricoli. Si osserva un cambiamento nella distribuzione spaziale, nell’intensità e stagionalità delle epidemie di malattie infettive (per esempio, meningite meningococcica), delle malattie trasmesse da vettori (per esempio, malaria e Dengue), delle tossinfezioni alimentari (per esempio, salmonellosi) e aumento delle ‘fioriture’ di alghe che producono tossine.
Uno studio italiano recentemente pubblicato su “Journal Allergy Clinical Immunology”, parte dal dato epidemiologico e schematizza in modo chiaro le cause che hanno portato le allergie a diventare una vera e propria epidemia in poco più di dieci anni. In sintesi il riscaldamento globale, l’inquinamento, le condizioni socio-economiche e gli stili di vita adottati nei paesi occidentali, sono i principali motori dello sviluppo delle allergie. Oggi si stima che un italiano su quattro soffra di una qualche forma di allergia e che nei prossimi 20 anni il problema possa crescere colpendo addirittura un italiano su tre.
Per quanto riguarda le allergie l’aumento della temperatura del pianeta, dei gas serra, ed in particolare dell’anidride carbonica, influenzano lo sviluppo delle piante, la fase di fioritura e la produzione dei pollini. Le conseguenze di questi cambiamenti sono che le persone che soffrono di allergia ai pollini avranno sintomi, come rinite, congiuntivite o asma, sempre più in anticipo e probabilmente per un periodo più lungo, rispetto a prima. Perché questo? perché le fioriture ora sono anticipate e l’aumento della stagione pollinica si osserva soprattutto per il nocciolo, la betulla, la quercia, il cipresso, mentre l’ambrosia invece è nota per essere cresciuta in modo esponenziale in vaste aree del Nord Italia causando un’esplosione di allergie.
Ma attenzione, non sono i “piumini”, che ci provocano allergia, e che in questa stagione coprono le strade e i parchi come se fosse tutto innevato. Il polline è molto più piccolo e non visibile ad occhio nudo. Quando i pollini di una specie raggiungono la massima concentrazione stagionale si parla di picco pollinico ed è il momento in cui molti pazienti allergici manifestano sintomi clinici di raffreddore, congiuntivite e di asma. L’Italia è un paese caratterizzato da una grande varietà di piante e specie diverse. L’estensione longitudinale del nostro paese individua tre aree abbastanza omogenee in termini di calendari pollinici: la fascia del Nord Italia. Differenziando però le zone costiere dalle zone montane.
Cosa succede al Nord: i pollini più importanti sono le betullacee (fioritura da metà febbraio sino a fine aprile) e il nocciolo, il primo a spargere al vento i pollini. I pollini di betullacee possono causare sia oculo-rinite che asma ed una caratteristica questi pollini è la capacità di sensibilizzare pazienti anche adulti o anziani, che mai avevano manifestato sintomi allergici in giovane età e che si possono scoprire allergici anche dopo i sessant’anni.
La famiglia delle graminacee, comprende almeno 120 specie tra spontanee e coltivate. Fioriscono dai primi di aprile e hanno un picco in maggio-giugno, talvolta anche un secondo picco più tardivo in settembre.
Cosa succede al Centro: Tra i pollini, oltre alle graminacee spicca l’Ulivo che ha una pollinazione esplosiva con un picco concentrato in circa 40 giorni (maggio-giugno) e quadri clinici caratterizzati da oculo-riniti molto fastidiose. Frequentemente l’allergia all’ulivo si associa a quella delle graminacee.
Cosa succede al Sud: Parietaria o erba del vento. Parietaria è in maggio - giugno ma nelle aree costiere comincia molto precocemente (addirittura in marzo) e finisce tardivamente (qualche volta anche metà ottobre). Il polline è molto piccolo ed in grado di liberare allergeni molto potenti che sono responsabili oltre che di rinite, anche di importanti crisi asmatiche.
Menzione speciale per l’Ambrosia. Si tratta di una pianta infestante originaria degli USA il cui polline è arrivato in Europa con il traffico aereo. Ha il suo picco pollinico in tarda estate tra luglio e settembre e cresce lungo le strade e dove sono presenti cantieri. È responsabile di vere e proprie epidemie asmatiche tardo estive nelle aree urbane del Nord.

Fonti:
- Arpa Toscana – newsletter sulle tematiche ambientali, n.181, 17 Ottobre 2017
- Paola Michelozzi, Dipartimento di Epidemiologia Regionale, Regione Lazio. Cambiamenti climatici e salute: gli interventi di adattamento e di mitigazione, Argomenti in campo Politiche sanitarie. Vol. 12, N. 1, Gennaio-Marzo 2011
- Cecchi L.. et al. External exposome and allergic respiratory and skin diseases. J Allergy Clin Immunol. 2018 Mar;141(3):846-857.
- http://www.isprambiente.gov.it/files/temi/ambiente-salute-e-societa/CapitoloClimaeSaluteSNACC2014