SorrisoDiverso

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Di Martina Prisco
Youtuber, Facebook star, fashion blogger, vlogger e chi più ne ha più ne metta. Figure onnipresenti su tutti i social network, da Facebook a Twitter, da Instagram a Youtube, che offrono contenuti ad una grandissima porzione di utenti di Internet. Ma procediamo con ordine.
Chi sono le web star? Ragazzi e ragazze, più o meno giovani, che, a seconda della piattaforma usata, pubblicano video, scritti, fotografie, specializzandosi principalmente in un campo di competenza. Gli argomenti sono molto vari: videogames, comicità, moda, make-up, bricolage, poesia, arte, musica: l’unico limite è la propria immaginazione. Se poi i contenuti piacciono, si acquistano popolarità e seguaci che diventano, a volte, una vera e propria fonte di guadagno. Un divertimento che ti procura fama e soldi: insomma, un’opportunità più che allettante. Ma, come in ogni cosa, vi è il rovescio della medaglia. Se agli albori di Internet, la prima generazione di Youtuber pubblicava video per offrire contenuti originali e personali, oggi la situazione è drammaticamente cambiata. L’unicità e il talento non sono più la chiave del successo: famosi si diventa se si è come gli altri. Video comici che utilizzano le stesse gag, format copiati e contenuti che diventano “di moda” e vengono spropositatamente usati da tantissime persone per cercare di accalappiare quanti più seguaci possibili. In seguito al sacrificio ingiustificato di quello che era lo scopo originario delle piattaforme social, la cosiddetta “prima generazione” di utenti si è trovata sorpassata da ragazzini avvenenti che, con una telecamera in mano, sono solo riusciti a copiare i più famosi cugini americani per provare a offrire lo stesso contributo in Italia, riuscendo soltanto ad annullarne l’originalità.
In seguito a ciò, la rivolta. Perché non si parla solo di popolarità: insomma, i veri artisti di Internet preferiscono pochi seguaci realmente interessati al loro operato a un’orda di follower attratti dal loro aspetto fisico. Purtroppo, però, qui entrano in gioco valori ed integrità morale. Un ragazzo seguito da cinquecentomila adolescenti, può senza dubbio influenzarne i comportamenti. E quale messaggio può mandare un teenager che in nome delle cosiddette “challenge” si spacca un uovo in testa? Che pur di guadagnare sponsorizza qualunque cosa, nonostante non rientri nel suo ambito di competenza? Perché, cari miei, il problema non sono tanto le web star in sé. Piuttosto, i burattinai che li usano per guadagnare quanto più possibile, tramite pubblicità, fiere, concerti, eventi, magazine e programmi tv. Quante volte, guardando la classifica dei libri più venduti in Italia abbiamo trovato ai vertici biografie di qualche web star?
Per un ritorno al vero Internet, quello originale e utile, dovremmo evitare di alimentare questo business. Bisognerebbe seguire una web star per ciò che può offrire, da una sana risata a qualche dritta utile, apprezzandola per il suo talento e la sua personale arte, e non per il bel faccino. Allora forse si tornerebbe ad una sana meritocrazia, almeno nel mondo del web.

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Di Alessio Cavazza.
Che cos'è il TTIP?
È il Partenariato Transatlantico per il Commercio e gli Investimenti (Transatlantic Trade and Investment Partnership), ossia un trattato di liberalizzazione commerciale - tenuto il più segreto possibile- tra Unione Europea e Stati Uniti, cominciato durante il G8 in Irlanda del Giugno 2013, e che ha l'intento di modificare regolamentazioni e di abbattere dazi e dogane, rendendo il commercio più fluido.
Ma cosa comporta questa fluidità?
Molti rischi per la popolazione, i lavoratori e le aziende medio-piccole.
Lo scopo centrale del TTIP è creare un blocco geopolitico offensivo contro paesi emergenti (come Cina, India e Brasile), creando un mercato interno in cui le regole non verranno più determinate dai nostri governi (e in questo caso non è una cosa positiva) ma da organismi tecnici sovranazionali in base alle esigenze delle multinazionali...sì, ancora loro.
Sappiamo tutti quanto siano potenti queste ultime, in molti casi più dei governi stessi, e per questo la probabilità che questo trattato passi è altissima, se non certa.
Ciò comporta, oltre ad una perdita totale di controllo da parte dei cittadini, una radicale diminuzione dei controlli sui prodotti alimentari, chimici, energetici e così via. Contratti di lavoro, misure di sicurezza e misure di protezione sociale e ambientale potrebbero essere spazzate via senza problemi. I servizi essenziali, come la scuola, la sanità, l'acqua e le pensioni, sarebbero esposti ad ulteriori privatizzazioni e alla potenziale acquisizione da parte delle imprese più attrezzate.
Inoltre, una volta entrato in vigore, il trattato non sarebbe minimamente contrastabile: per esempio, se uno stato accusasse una multinazionale di provocare danni all’ambiente, la multinazionale potrebbe a sua volta citare in giudizio lo stato per aver intralciato il trattato. In poche parole si verrebbe a creare una dittatura delle multinazionali, più di quanto non sia già presente.
Ma ci saranno dei pro a questo TTIP, no?
No! A meno che non vogliamo considerare pro ciò che riportano le stime: nel 2018 dovrebbero arrivare dei benefici che potrebbero ad un aumento del 0,5% del PIL in uno scenario ottimistico.
A che punto è l'approvazione del TTIP?
Per ora varie azioni di protesta (come quella avvenuta il 10 Ottobre scorso a Berlino) e una crescente informazione sull'argomento (tuttavia ancora scarsa) potrebbero portare ad un cambio di direzione prima che sia troppo tardi
Cosa si può fare per sfavorire il TTIP?
Si può condividere l'informazione con più persone possibili, aderire a varie iniziative e petizioni, come quelle reperibili sul sito Stop TTIP Italia (che ha raggiunto le 3,5 milioni di firme), che ha anche una pagina Facebook, creare momenti di confronto con professori, genitori e quant'altro.
Naturalmente ognuno è libero di pensarla come vuole, ma dal mio punto di vista il TTIP si può riassumere così: una minaccia alla libertà e alle tutele di consumatori e ambiente, contornata da ben poca trasparenza.

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Di Alice La Monica
Attraverso le prime fonti attestate possiamo affermare che lo sport è nato con i greci nel 700 a.C e che, all'inizio, era un momento di svago e di divertimento. Al giorno d’oggi, invece, è diventato un momento molto importante nella nostra vita o addirittura un lavoro, arrivando a occupare molto del nostro tempo.
Lo sport è un'attività fondamentale, che ognuno di noi dovrebbe svolgere perché fa bene al corpo e perché aiuta a socializzare e a fare nuove amicizie. In più, può anche essere un momento di pausa dal lavoro o un momento di sfogo dello stress. Le attività sportive hanno, comunque, anche dei lati negativi perché molti non seguono la citazione di Pierre de Coubertine: “l'importante non è vincere ma partecipare”, ma guardano allo sporto come a un'attività in cui bisogna vincere. Per questo motivo usano delle sostanze che li aiutano a ottenere migliori prestazioni, ma che allo stesso tempo fanno male all'organismo. A questo punto sarebbe lecito domandarsi: lo sport è un male per la società? Io credo proprio di no, più che altro, le persone dovrebbero vedere lo sport con più tranquillità e serenità, vivendolo come un momento di divertimento e svago, non solo in un’ottica competitiva.