SorrisoDiverso

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La Mostra di Venezia è gia finita
e per sempre archiviata nella storia
di cose nuove ce ne dette tante.
Di alcune è fresca la memoria!

Fra queste c'è la Raffa nazionale
che con quel suo caschetto biondo
e con quella sua carica speciale
porta luce e musica nel mondo

Come se diffondesse bollicine
piene di suoni e adrenalina
Sempre con l'aria delle ragazzine
che regala canzoni e vitamina

Sei e resti un'icona di bravura
che ci invita alla vita come danza
andando avanti senza alcun paura
ma sempre con un filo di speranza.

Noi da qui ti vogliamo augurar questo:
di leggere ogni giorno sul giornale
non più di notizie brutte e di dissesto
ma che ti è stato dato un premio speciale!

Ė quello di Tulipani di seta...
neri perché racchiudon l'Universo
e ci dicon che sei un'artista completa
...perdona la banalità del verso

Con una tua danza assai speciale
ti sei trasformata in una stella
e per questo evento eccezionale
ci regali un sorriso che sfavilla.

Da Trieste in giù ci hai fatto innamorare
sei andata senza Rumore nel blu
con Pedro...ci hai voluto abbandonare
ma adesso... a far l'amore comincia tu..!


Paola Dei

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Scritto e diretto da Martina Bonfiglio, il titolo di Zagara allude al fiore d’arancio. Il nome deriva dalla parola araba che sta per “risplendere”, un significato riecheggiato nel nome della protagonista, Lucia, e nel suo desiderio di dare finalmente risalto alla sua individualità e spazio ai suoi desideri. Un cortometraggio che critica la consuetudine di caricare sullo stesso individuo tutte le responsabilità relative alla cura della famiglia d’origine, mentre la vita degli altri, per ragioni diverse, va avanti. A essere messo in scena è un episodio che si sviluppa dalla mattina alla sera, così lo sguardo della macchina da presa assimila una luce in trasformazione, dilagante sul paesaggio di campagna, all’inizio, riassorbita dal blu della sera, più avanti, fino a oscurarsi del tutto nel buio della sala cinematografica che incornicia lo schermo. Il corto finisce così come è iniziato, sottolineando l’idea di una ciclicità che mai andrebbe snaturata.

Lucia lavora in un cinema e non può fare a meno di incantarsi davanti ai film durante il suo turno, abitudine che le costa un rimprovero e una minaccia di licenziamento che, tuttavia, anticiperebbe soltanto il suo congedo, perché la ragazza programma di lasciare il posto di lavoro di lì a due giorni. Fa ritorno a casa, dove sua madre e suo padre attendono l’arrivo di Ivano, il fratello di Lucia, che vive lontano dalla famiglia. Arriva insieme alla sua fidanzata, Emma, e poco più tardi annuncia ai presenti la loro decisione di sposarsi. La notizia viene accolta con gioia e progetti di festeggiamenti per la serata. Solo Lucia, per qualche ragione, sembra impensierita all’idea che suo fratello non sia tornato con l’idea di rimanere. La giornata procede tra i preparativi, alternando momenti lieti con la famiglia, ricordi d’infanzia e le frequenti manifestazioni dei sintomi dell’Alzheimer da cui il padre di Lucia è afflitto, che, inevitabilmente, smorzano il clima di festa. Arriva la sera, la famiglia è radunata attorno alla tavola e stavolta è Lucia a dover fare un annuncio ai suoi cari.

Facendo mostra di un talento che le fa meritare il premio Miglior Sceneggiatura 2021, Martina Bonfiglio regala allo spettatore una storia capace di mostrare il dissidio di chi non vorrebbe mai trovarsi a scegliere tra la famiglia e le proprie aspirazioni. I membri del cast, composto, tra gli altri, da Marianna Castagna nel ruolo della protagonista e Piergiorgio Martena nel ruolo di suo fratello, risultano perfettamente calati nelle parti e offrono al pubblico il ritratto di una famiglia in cui i limiti personali, i difetti e gli egoismi non mettono mai in discussione, nemmeno per un istante, l’affetto che ne unisce i membri. In questo modo, l’autrice produce sapientemente dei contrasti che rendono i personaggi imperfetti e umani.

La preziosa scena finale coniuga finalmente, seppure per un breve istante, due elementi che sembravano diventati inconciliabili: le passioni personali e la famiglia, rafforzando l’idea, nella protagonista e nello spettatore, che la famiglia getta i semi del futuro, non li soffoca.

Valutazione attuale: 4 / 5

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Scritto e diretto da Enza Lasalandra che è anche produttrice e soggettista del cortometraggio, Yo-yo mostra gli alti e bassi di una donna alle prese con i problemi di peso derivanti da un disturbo alimentare. Grazie a un’alternanza che con ritmo allegro illustra le cattive abitudini della protagonista, i passaggi da diete improbabili alle abbuffate e il fatidico momento della pesatura, l’autrice riesce a suggerire con efficacia l’ossessione per il cibo in cui il personaggio ricade puntualmente, malgrado le buone intenzioni. Con uno sguardo acuto, capace di mettere in luce i modi in cui anche inavvertitamente si può ferire la sensibilità di chi ha problemi di peso, Enza Lasalandra mostra uno spaccato della realtà di chi lotta con un bisogno fondamentale diventato un pericoloso chiodo fisso.

Eleonora è una donna in sovrappeso che non sa proprio dire di no al cibo. Lo spettatore la vede lasciarsi andare a eccessi alimentari, un po’ buffi, un po’ grotteschi, nel corso della sua giornata, letteralmente scandita dai pasti. A un certo punto, nella testa di Eleonora sembra suonare qualche campanello d’allarme e si convince a parlare con un esperto al quale confessa il suo rapporto con il cibo, i suoi tentativi di rimettersi in riga con l’alimentazione e con l’integrazione di attività fisica e la tendenza a riprendere dopo periodi di rigorosa disciplina. Emergono, oltretutto, gli episodi che l’hanno fatta sentire, a causa del suo peso, diversa e infelice. Il nutrizionista, da parte sua, fa del suo meglio per spiegarle come affrontare, stavolta in modo sano e produttivo, il suo percorso per ritornare a uno stato di equilibrio.

La scrittura di Enza Lasalandra sa ricavare riflessioni interessanti da un tema comune come il disagio con il proprio peso, assumendo una prospettiva che sa andare in profondità, con l’oscillazione dal lato ilare del cortometraggio a episodi mostrati allo spettatore che fanno sentire la protagonista umiliata. In questo modo Enza Lasalandra mette in luce lo sgradevole contrappasso del piacere del cibo, quando il rapporto con l’alimentazione diviene sbilanciato e la difficoltà incontrata quando si viene assaliti dal disprezzo e dall’indelicatezza del prossimo.

Il montaggio di Giacomo Geremia risalta il taglio ironico del cortometraggio e la ricorrenza delle abitudini negative. In questo modo, lo spettatore riesce a cogliere il messaggio del corto: il vero scoglio non è fare a meno del cibo o di certi tipi di cibo, ma la trasformazione graduale e permanente delle proprie abitudini – il vero segreto per adottare uno stile di vita sano. Impagabile l’interpretazione dell’attrice protagonista, Antonella Cimino, capace di trasmettere emozioni diverse, di suscitare tanto il riso, quanto la riflessione.