SorrisoDiverso

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È una piccola visione dai tanti contenuti Miliz! diretto da Moritz Adlon e Wouter Wirth. La serie ci conduce in una Germania che non è una Pallida madre, come quel film dell’80. Questa è una commedia dai toni convulsi, con quei fanatici destroidi che pensano di salvare il mondo con i razzismi più variopinti, cadendo nel grottesco. Infatti Helmut fonda un gruppo di sorveglianti che non vogliono stranieri e gente di colore. Hanno la presunzione di salvare la loro terra dallo straniero. Giocano al rialzo su se stessi, con alterigia e tracotanza. Ma Helmut fa piuttosto tenerezza per via di quella goffaggine tipica di chi sta bene e non guarda indietro gli altri.

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È un piccolo episodio dalle grandi capacità di coinvolgimento: storia di lockdown, termine ormai desueto, asfaltato dall’ulteriore drammaticità dell’invasione russa in Ucraina.

È un pesciolino in vasca a fare da specchio riflesso della depressione da chiusura forzata di una coppia in un elegante appartamento. Un pesce di nome Attilio, (quasi come “il pesce di nome Wanda”, passato a Venezia nel lontano 1988) vive dunque la sua quarantena come i suoi “padroni”, senza fissa meta. La stessa che ha obbligato milioni di persone a vivere in una bolla, in un seminterrato dell’anima, e dunque a fare i conti con se stessi. Siamo alle solite: la solitudine che incombe, la scarsa comunicabilità, e il dilemma di sempre: da dove veniamo, chi siamo, dove andiamo? Attilio sa di essere un pesciolino e decide di farla finita, facendosi inghiottire dal risucchio della vaschetta. L’estremo rimedio diventa fatalmente l’estrema visione della vita, sul filo sottile fra inizio e fine. Il pesciolino sa di essere una creatura vivente con pochi sbocchi vitali, mentre gli abitatori dell’appartamento sono altro da lui, sì, ma quanto?

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È un episodio be strutturato, nel montaggio come nella intersezionalità delle situazioni e dei protagonisti. Si amano a prescindere dal colore della pelle o dal loro genere. Questo almeno è quanto appare dalle effusioni che si trasmettono. Le vicende umane si dilatano e si confrontano nel perimetro di una metropoli. Pur avendo un legame particolare alla comunità afroqueer, la serie rimane un esempio estetico di eccentricità, con la disinvoltura dei protagonisti avvinti da un proprio credo che è più di una convinzione o condizione di vita. Una varietà di personaggi mostra al contempo una pluralità di culture, generi e orientamenti sessuali: visibilità, diversità, creazione sono le parole chiave di Extranostro.