SorrisoDiverso

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Diretto da Costanza Giordano e scritto dalla regista e da Francesco Giordano, Restare è il cortometraggio vincitore del Premio ANMIL 2021, scelto dall’Associazione Nazionale fra Lavoratori Mutilati e Invalidi del Lavoro, tra le opere coerenti con i temi degli infortuni sul lavoro e della prevenzione. Capace di rivelare in poco meno di cinque minuti il dolore di chi perde un proprio caro a causa di un incidente sul lavoro, il cortometraggio è privo di battute fino a metà del suo arco. In questa parte a parlare sono le immagini di una quotidianità che, per quanto banale, procede come se nulla fosse cambiato. Solo dopo ha inizio il monologo del protagonista: forse una lettera, forse un pensiero dedicato a chi non c’è più. Le parole del personaggio principale accompagnano il resto del corto fino alla fine e introducono le scene che a seguire. Anche la colonna sonora si conforma al ritmo intervallato del cortometraggio, interrompendosi di colpo, come per effetto di un gesto brusco. Allo stesso modo, i rumori di fondo ammutoliscono un momento prima che il protagonista prenda la parola.

Il cortometraggio si apre sulla figura di un ragazzo paralizzato di fronte a una quotidianità che scorre per chiunque altro, ma non per lui. La vita, per il protagonista, è diventata intermittente e non riesce a reintrodursi nel flusso delle giornate: si ferma, torna indietro, pensa, si infuria e piange. Infine aspetta, e solo allora mette in ordine i pensieri e li dedica a suo padre. Inizia così la sua riflessione in cui si rivolge direttamente a lui, mentre la vita va avanti, ma senza un tassello. Procede tra quel genere di gesti di cui ci si accorge appena ma di cui si compone la vita. Ce n’è uno in particolare che più di tutti gli altri la rappresenta. Un gesto di prevenzione che può fare la differenza e può cambiare il destino di chi, per costruire qualcosa, ha dovuto perdere tutto ciò che ha realizzato per sé e per i suoi cari.

Francesco Giordano, unico attore all’interno del cortometraggio, impersona il giovane protagonista e riesce a conferirgli, con la sua interpretazione, una grande intensità, specialmente nella parte in cui strattona la recinzione del cantiere. Sempre sua è la voce che accompagna il corto fino agli ultimi momenti, interrogando un padre che non può rispondere.

Il realismo delle scene, le inquadrature dei paesaggi che coinvolgono un gran numero di complessi in costruzione, investiti dalle luci di una fotografia fredda, sono tutti elementi che convergono per generare un’atmosfera toccante ed esprimere la difficoltà di rimanere soli in un mondo un po’ più vuoto e spento di quanto fosse prima.

 

 

 

 

 

 

 

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Lele Nucera con Respira, cortometraggio da lui scritto e diretto, porta all’attenzione del pubblico una storia che esplora il punto di vista dei ragazzi, rappresentato in questo caso da Leo, il protagonista, visto all’interno di un contesto controverso, sul punto di assorbirlo nei circoli della malavita. Lele Nucera espone un ritratto affascinante ma ricco di contrasti della Locride, i cui paesaggi sono spesso occhieggiati con rapimento dalla macchina da presa, e del suo complesso tessuto sociale. L’autore non si limita a rappresentare una falla nel sistema, ma offre anche una soluzione, proponendo l’impiego di attività dal valore formativo, capaci di guidare i giovanissimi attraverso il labirinto delle possibilità, verso il futuro.

Leo è un ragazzo di quindici anni che vive da solo con suo padre. Trascurato dalla sola figura di riferimento rimastagli all’interno della famiglia dopo la morte di sua madre, Leo passa a casa meno tempo possibile, tornando soltanto in cerca della cena, solo per trovare, matematicamente il frigo vuoto. Per mettere da parte qualche soldo Leo ha cominciato a spacciare e sulla scia di questa attività ha preso a trascurare anche la scuola. Costretto a crescere in fretta in un mondo feroce dove non ha alleati, la prospettiva di avvicinarsi a Maria, la ragazzina che gli piace, per Leo non è che una fantasia destinata a non realizzarsi mai. In questo scenario che sembra immettere il ragazzo su una strada travagliata, interviene il teatro per il quale scopre di provare un’inaspettata attrazione.

Una delle scene visivamente più intense del cortometraggio è rappresentata dalla parte in cui Leo corre, infuriato, verso la riva del mare. Un’onda alta esplode ai suoi piedi, mentre lui vorrebbe, con la forza della sua frustrazione, spedire all’indietro quel moto a suon di calci. L’onda è l’unico elemento illuminato, insieme al protagonista, al centro dell’oscurità circostante, come il palcoscenico sul fondo della sala buia.

Con una meravigliosa colonna sonora originale a cura di Francesco Loccisano che alterna due strumenti, chitarra e pianoforte, per dare voce ai sentimenti contrastanti del protagonista, e che ha fatto meritare al cortometraggio il premio per le Miglior Musiche 2021, Respira è un’opera che approfondisce l’introspezione del suo personaggio principale, mettendo in luce la grande capacità dell’autore di leggere e di rappresentare il suo dissidio interiore. Il teatro, attraverso lo sguardo del giovanissimo protagonista, interpretato da Salvatore Pacicca, introdotto dall’insegnante che ne dirige il corso, impersonato da Giuseppe Pizzati, è un luogo a metà strada tra il mondo indolente al di fuori e quello ferito dell’interiorità. Un luogo in cui il protagonista impara a effettuare uno scambio tra questi due spazi – interno ed esterno – un po’ come se respirasse per la prima volta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Valutazione attuale: 5 / 5

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Diretto da Angelo Faraci e scritto da Giuseppe Romano e Rosaria Lo Porto, Regenerate è il vincitore del premio Sorriso Diverso Rai Cinema Channel 2021 con 151.998 visualizzazioni. L’autore aveva già partecipato al Festival TSN nel 2020 con il suo Don’t be silent, anch’esso sul podio dei corti più visualizzati, al terzo posto. L’opera che quest’anno gli ha fatto guadagnare l’ambito premio racconta una storia di sofferenza e di rinascita attraverso una narrazione che sa addentrarsi nella prospettiva interiore dell’individuo ed estendere, subito dopo, il punto di vista, considerando il tema ambientale.

La scena si apre su un padre e su sua figlia, la piccola Alessandra, che si godono una gita nel bosco. La bambina, entusiasta dell’esperienza, non si aspetta che la situazione sia destinata a trasformarsi in un incubo, quando suo padre si chiude con lei in un capanno sperduto nel cuore del paesaggio. Ciò che avviene all’interno segnerà Alessandra negli anni a venire. Lo spettatore la rincontra da adulta, insieme al suo ragazzo Gabriele. Il trauma degli abusi subiti le provoca un attacco di panico e la induce a telefonare alla sua psicologa, che, tuttavia, si dimostra inadeguata a offrirle il sostegno necessario ad affrontare la sua sofferenza. L’unico a cui importi davvero di medicare il dolore di Alessandra è proprio Gabriele, un ragazzo che si distingue per la sua sensibilità dalla massa indifferente dei suoi coetanei.

La performance dei due attori protagonisti Pietro Mirto e Laura Sangrigoli è orientata alla complessa rappresentazione di personaggi che portano addosso le cicatrici di traumi terribili o che si trovano a doverne osservare, impotenti, le conseguenze. Non si può poi fare a meno di menzionare la partecipazione dello stesso regista nel ruolo del padre di Alessandra e della giovanissima e promettente Mariachiara Pelligra nei panni di Alessandra da bambina.

Il passaggio con cui il tema della contaminazione e della rinascita viene esteso da una prospettiva prima individuale e poi più ampia, con il coinvolgimento della questione ambientale, è sottolineato dalle riprese. Replicando perfettamente quest’oscillazione, si avvicinano ai protagonisti e se ne allontanano per inquadrare gli scenari naturali che li circondano. Questa scelta narrativa e registica, resa anche grazie alle riprese effettuate con il drone, evoca un legame a doppio filo tra l’armonia interiore e quella con la natura.

Dopo aver subito terribili atti di violenza in un bosco, condotta lì con lo scopo di essere isolata, Alessandra si riconcilia con il mondo circostante grazie alla mediazione di un amore sano ed è proprio questo legame rinnovato con i sentimenti e con l’ambiente che vince, infine, le contaminazioni e le storture.