SorrisoDiverso

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Lion non è soltanto un cortometraggio del genere horror, ma una storia straordinaria che travolge lo spettatore in un crescendo di azione e paura che si intrecciano a potenti simbologie.  La scena ha inizio in uno chalet isolato nella montagna innevata. Un luogo, a contrasto con il freddo esterno, che dovrebbe evocare tutto il calore e la protezione del focolare domestico. Ma, come spesso accade, la realtà è ben diversa. Leon è un bambino di soli otto anni, dalla folta chioma bionda ma che si mostra allo spettatore con gli occhi tumefatti. Il padre è infatti un alcolizzato e la madre è una donna altrettanto violenta e incapace di ribellarsi.

Il piccolo Leon è appassionato di leoni, animali per antonomasia forti e liberi, simbolo di coraggio, nobiltà e orgoglio. Attraverso questa sua passione, tenta nel sogno la strada per vincere la sua triste quotidianità ed evadere verso un futuro migliore. Ma cosa succederebbe se i desideri diventassero realtà?

Il leone, incarnato da un pupazzo che stringe fra le braccia prima di addormentarsi e a cui chiede di aiutarlo a non essere picchiato ancora, diventa il deus ex machina che interviene a ristabilire l’ordine, simbolo del riscatto dei più deboli, costretti a subire le violenze dei più forti. Violenza che troppe volte rimane silenziosa e insinuandosi ovunque, anche nei luoghi più sperduti, o quelli che dovrebbero essere i più caldi e sicuri, come le mura domestiche.

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Light racconta l’autismo attraverso la storia di una bambina, Aurora, in tutti i suoi modi diversi di “essere nel mondo”, affascinata dall’acqua e dalla (im)possibilità di viverci per sempre dentro, come il suo pesce rosso.

Quella della piccola Aurora, così come migliaia di altre persone, è una mente dalle geometrie differenti, una mente che legge, interpreta ed esprime il proprio essere in modo diverso. E’ come pensare di interagire con il mondo da una bolla o dal fondo di una piscina. Una diversità che provoca un senso di estraneità e di disorientamento di fronte ad una società che si definisce come “normale”.

Altrettanto difficile, e questo la pellicola lo mostra con grande profondità, è la condizione dei genitori dei ragazzi con questo disturbo, alle prese con le difficoltà quotidiane di interpretare le necessità dei figli così da poterli supportare nel migliore dei modi ma anche le piccole conquiste che si possono raggiungere.

Light è la luce della speranza di un futuro migliore, non solo per tutte le persone a cui, direttamente o indirettamente, la malattia avvolge la vita nel buio, relegandole ai margini. La possibilità di una società che sia realmente più inclusiva ed aperta alla diversità non potrebbe che essere un arricchimento per ognuno di noi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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La protagonista del cortometraggio è Valeria, una distinta signora di cinquant’anni che viene abbandonata dal marito per una ragazza più giovane, truffata dai commercialisti che la lasciano indebitata e senza lavoro, licenziata dall’azienda in cui lavorava da molti anni.

Sentendosi sola e senza vie d’uscita, Valeria medita di farsi giustizia da sola.

Quello che viene messo in scena è il dramma della società contemporanea che vede lo sgretolarsi delle reti sociali di protezione e l’indebolimento dei legami tradizionali, verso la fluidità del mercato del lavoro e l’individualizzazione dell’esistenza del singolo, divenuto unico responsabile delle proprie scelte e dei propri insuccessi. Tutti questi processi lasciano l’individuo in balia di un senso di vulnerabilità e insicurezza, e di una solitudine tali da spingere chiunque, anche i più insospettabili, a compiere gesti estremi e disperati.

Ma è sempre più facile condannare che provare a comprendere. Il messaggio che la storia di Valeria vuole trasmettere allo spettatore è che, anche nei momenti più bui, ognuno di noi deve trovare dentro di sé la forza per andare avanti. Non la violenza ma il perdono, solo questa è la chiave di volta.