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Recensione: La Vita in una Scatola

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Film scritto e diretto da Fausto Petronzio, La Vita in una Scatola è una dedica a coloro che hanno perso i propri cari a causa del coronavirus, un atto di partecipazione dell’autore che con una storia racconta quella di molti, sulla scia di una notevole capacità di rappresentare il dolore di un momento storico. Abbracciando con l’occhio della cinepresa i territori che vanno dal comune di Fondi fino alla spiaggia di Sant’Agostino a Gaeta, con il sussidio, tra le altre cose, di riprese effettuate tramite drone, lo sguardo del regista offre una panoramica impressionante del modo in cui la pandemia ha modificato il volto del territorio, le strade e i centri che una volta esibivano un traffico animato di persone e attività. Gli individui sono trasformati in numeri che evocano moltitudini. Ma queste moltitudini sono altrove, non si vedono: le strade sono vuote e nonostante la tragedia coinvolga tutti, si consuma nella solitudine.

Francesca si reca presso i Fiori D’Argento, una struttura per anziani. Lì le viene consegnata una scatola che la donna accetta con dolore, prima di firmare un documento e andarsene via con quello che resta di suo padre, gli ultimi averi resi dalla struttura dopo il suo decesso. Francesca si dirige in spiaggia e lì soppesa uno alla volta quegli oggetti che offrono una sintesi scarna di tutto ciò che suo padre ha rappresentato per lei, dei resti che invece di racchiuderla sembrano disperdere la sua storia. Sul fondo della scatola, Francesca trova una lettera con le ultime parole di suo padre. Uno scritto sentito, denso e commovente che parola per parola esprime ciò che più di ogni altra cosa può riassumere la vita dell’uomo: l’amore che legherà sempre lui e sua figlia.

La Vita in una Scatola è un viaggio che ripercorre una vita come molte, costruita giorno per giorno come si costruisce una casa e di colpo interrotta a causa del virus. Fausto Petronzio, con il suo corto, cerca di afferrare una storia che rischiava di svanire dietro la freddezza di un bilancio espresso in numeri e di essere liquidata dalla banalità della ripetizione, di convogliarla in una scatola per isolare e risaltare il suo significato, per sottolineare il peso della sua perdita e restituirle il suo valore affinché non sia disperso né dimenticato.

La straordinaria partecipazione di Sabrina Marciano e la voce profonda e toccante di Mino Caprio rappresentano un contributo prezioso al cortometraggio e cooperano per dare la massima espressione al dolore per la perdita, ma ancora di più all’importanza di un legame che sa esprimersi attraverso le distanze, finanche oltre il confine tra vita e morte.