SorrisoDiverso

Stella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattiva

Non c’è niente di più spiazzante e vero dello sguardo di un bambino e delle parole che pronuncia. Questo documentario, attraverso un ritmo in crescendo, grazie anche alla musica che l’accompagna, ci racconta senza fronzoli e orpelli ma con sincerità e autenticità la visione di alcuni bambini di una scuola della periferia romana su temi difficili e spinosi come quelli della violenza, del razzismo e dell’intolleranza. Il regista è bravissimo a entrare piano piano in sintonia con i suoi piccoli attori-non attori, a stimolarli, a farli sentire a proprio agio e a permettere loro di esprimersi. Un piccolo gioiello che ci mostra come sia possibile fare una didattica veramente utile ed inclusiva nelle scuole.

Stella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattiva

Un piccolo gioiello di semplicità. La clip, con un'unica inquadratura in cui il protagonista è in scena in piano medio e a cui succede di tutto, riesce a raccontare con profondità le problematiche, grandi e piccole, che ci troviamo ad affrontare nella nostra quotidianità. Rendendo bene l’idea che l’esistenza non è mai come ce la saremmo aspettata. Come il palloncino che compare ad un tratto: il protagonista lo gonfia e qualcuno lo fa scoppiare. Nonostante questa disillusione, lo sguardo stralunato del protagonista è comunque un invito a non arrendersi e ad affrontare ogni giorno con un sorriso leggero.

Stella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattiva

Il documentario alterna interviste, immagini tratte da archivi che riguardano il passato e immagini che riprendono il presente. Il filo rosso a legarle è il tema del lavoro e soprattutto il lavoro nel cantiere navale di Palermo, l’ultima fabbrica rimasta in città. Il lavoro con le sue fatiche, i suoi rischi, le sue problematiche. Con uno stile incisivo, il documentario si mette a servizio della storia che racconta e dei suoi protagonisti, lasciandoci entrare nelle loro vite senza far sentire la presenza ingombrante della macchina da presa e senza imporre nessun punto di vista precostituito. Lasciando che sia lo spettatore a trarre le sue osservazioni sulla problematica realtà messa in scena.